L'ARMAMENTO

della

Guardia Particolare Giurata

 

L'art.256 del R.D. n.635/1940 prevede che per portare armi le guardie giurate devono munirsi della licenza prescritta dall'art.42 del T.U.L.P.S. e dall'art.71 dello stesso R.D. n.633/1940. Il secondo comma prevede che la licenza di porto d'armi viene concessa alla guardia giurata ad un regime fiscale privilegiato.

L'interessato, infatti, all'atto del conseguimento del porto d'armi, è tenuto a corrispondere la tassa di concessione governativa in una misura ridotta (attualmente l'imposta prevista dal D.M. 25/8/1982 è di £15.000).

La norma è di precipuo interesse perché da essa discendono numerose conseguenze.

Il primo corollario che è possibile trarre concerne le modalità dello svolgimento del servizio. Il riferimento dell'art.256 R.D. n.635/1940 alla possibilità di conseguire il porto d'armi dimostra come l'utilizzo di armi durante la propria attività sia meramente facoltativo.

La guardia giurata, in linea teorica, potrebbe espletare anche l'opera di custodia e vigilanza disarmata. Quindi, il soggetto che si avvale della guardia giurata potrebbe, come già messo in evidenza, decidere che essa operi senza l'ausilio delle armi.

La decisione definitiva, in questa scelta, spetta però al Questore che deve valutare l'idoneità allo scopo delle modalità di esecuzione del servizio, approvandole o modificandole (artt.2 e 3 del R.D.L. n.1952/1935).

La realtà di ogni giorno, però, dimostra come i tempi attuali richiedano con maggior frequenza il ricorso alla vigilanza armata. Comunque, non si deve pensare che la vigilanza disarmata rappresenti un caso meramente ipotetico

Si deve, infatti, tenere presente che la guardia giurata può, a norma dell'art.62 T.U.L.P.S., essere adibita a mansioni di portiere e custode di immobili per le quali è più difficilmente ipotizzabile la necessità di impegnare un servizio armato.

Il rinvio alla disciplina del porto d'armi contenuto nell'art.42 del T.U.L.P.S. è di primaria importanza per un ulteriore motivo. Con essa, infatti, si sancisce che la guardia giurata, relativamente alla possibilità di portare armi, non gode di un regime di privilegio rispetto alla generalità dei consociati, quale quello configurato dalle vigenti leggi a favore di alcune categorie di soggetti investite di pubbliche funzioni

E' questo un ulteriore elemento che corrobora l'opinione che la guardia giurata non possa essere considerata un pubblico ufficiale.

D'altra parte, il dettato del più volte citato art.256, per mezzo del richiamo agli artt.42 del T.U.L.P.S. e 71 del R.D. n.635/1940, individua quale sia il tipo di armi di cui può essere dotata la guardia giurata.

In altri termini, potranno essere utilizzate esclusivamente le armi per quali l'art.42 del T.U.L.P.S. consente il rilascio di un'apposita autorizzazione da parte del Prefetto o del Questore.

In buona sostanza, si tratta esclusivamente di armi comuni da sparo (corte o lunghe) ovvero (ma in questo caso siamo in un'ipotesi meramente didattica) della particolare figura di arma bianca costituita dal bastone con canna animata la cui lama è superiore a 65 cm.

Un'ulteriore considerazione appare possibile trarre dalle norme qui in esame.

In primo luogo, occorre tenere presente che il permesso di porto d'armi alla stregua di tutte le altre licenze di polizia è rigorosamente personale.

Questa circostanza deve essere letta in correlazione con il dettato dell'art.22 della legge n. 110/ 1975 in cui si vieta in maniera assoluta che le armi possano essere oggetto di cessione in comodato.

Ne consegue, allora, che l'arma utilizzata dalla guardia giurata dovrà essere di esclusiva proprietà di quest'ultima: è quindi escluso che l'istituto di vigilanza o il proprietario dei beni possa costituire un deposito di armi (art.10 della legge n. 110/ 1975) al quale le guardie giurate attingano la armi per il servizio.

In questa ipotesi si realizzerebbe una sorta di cessione in comodato delle armi vietata dall'art.22 della legge n. 110/ 1975.

Al contrario, le guardie giurate potranno utilizzare le armi che siano state acquistate in proprio.

In realtà, l'art.256 del R.D. n.635/1940 non pone completamente la guardia giurata sul medesimo piano di tutti gli altri consociati.

Il soggetto interessato che richiede il porto d'armi è, infatti, tenuto a dimostrare particolari esigenze di sicurezza che giustifichino l'andare armato al di fuori dell'abitazione e delle appartenenze di essa. Invece con l'art.256, il Legislatore ha mostrato di considerare che lo svolgimento dell'attività di guardia giurata costituisce "ipso facto" un valido motivo per ottenere la di polizia prescritta dall'art.42 del T.U.L.P.S.

Fatta questa precisazione, occorre dedicare alcuni brevi cenni al procedimento per il conseguimento del porto d'armi.

Questo iter ha inizio con un'istanza presentata dall'interessato alla competente Autorità di P. S. (Prefetto se viene richiesto di portare l'arma corta da sparo, Questore nel caso dell'arma lunga da sparo)

La domanda deve essere corredata dalla documentazione che comprova nel richiedente la capacità tecnica al maneggio delle armi.

Questa capacità, a mente dell'art.8 della legge n. 110/ 1975, si presume in coloro che abbiano effettivamente svolto il servizio militare; i soggetti che, invece, non abbiano prestato effettivamente tale servizio devono esibire un apposito certificato rilasciato dalla Sezione di Tiro a Segno Nazionale competente per territorio, dopo un periodo di addestramento comprovante la capacità dell'interessato all'utilizzo di armi da fuoco.

La legge non prevede che egli debba esibire anche una certificazione medica attestante la sua l'idoneità sotto il profilo psico - fisico. In effetti, il D.L. 22/11/1956 n.1274 aveva modificato l'art.42 T.U.L.P.S., prevedendo un simile obbligo. In sede di conversione del suddetto decreto avvenuta per effetto della legge 22/12/1956 n.1452, questo precetto fu soppresso.

Questa situazione configura sicuramente un'anomalia rispetto a quanto previsto per il rilascio di altre autorizzazioni in materia di armi: si pensi, ad esempio, alle licenze relative alla fabbricazione, commercio, raccolta, importazione, esportazione, collezione, deposito, riparazione e trasporto.

Tuttavia, un'autorevolissima dottrina ha messo in luce come l'Ordinamento abbia in sé gli strumenti per superare questa carenza normativa.

Si è, infatti, rilevato che "nel generale potere conferito al Prefetto ed al Questore di valutare se colui che richiede il porto d'armi per difesa personale sia in possesso di requisiti soggettivi tali da far ritenere che non abusi delle armi, può essere compreso anche quello di richiedere il certificato medico per una compiuta valutazione dei requisiti".

L'Autorità di P. S. è peraltro tenuta a verificare che nel soggetto sussistano i requisiti soggettivi stabiliti dagli art. 11 e 43 del T.U.L.P.S..

Al termine di questo accertamento, se l'esito è stato positivo, viene rilasciato il porto d'armi richiesto.